"...le cose più incomprensibili e meravigliose, la traccia dell'uccello dentro l'aria e la traccia dell'uomo dentro la vergine". Evoluzione di forze ignote: è la scrittura; più l'apparenza della scrittura che non la scrittura dell'apparenza; non le ombre nella caverna ma la parete della caverna, una sorta di assoluto appunto della scrittura, preistorico forse ma senza appartenenze epocali, pura preesistenza. Orizzontalità dell'ogiva, soglia dello scontornamento, siluro, simulacro dell'occhio, duplice sesso che, dispiegandosi al sentire, per tramite della lettura si legge dentro. Al tratto e alla linea più non s'affida mansione di contornare oggetti o perimetrare alcunché, né alla luce di identificare o al buio di celare; il colore: denaturato discontinuo artificio (un diradato sciamare di chiazze per lo più rosa e viola - sottovariante di qualche teologia qui il fondo grammaticale). Offre il suo corpo, spazio e non essere, l'ignoto attraverso ciò che è ancora più ignoto. Nel mistilineo la spezzata e i frattali - infittirsi di segni e infoltirsi di neri velluti ('la divina foresta spessa e viva') come vi filtrassero raggi di splendore. Più che avere una terza metà l'arte vi consiste; l'ubiquità di un tema e un luogo ne fa due, tertium datur, nel modo in cui due tracce tornano su di sé. Passaggio dall'ubiquità all'atopia.
"...ho scritto queste parole e tutto il resto è svanito". Per la potenza trasformatrice d'alcune nozioni convertibilità di luce e materia l'una nell'altra e di entrambe in ombra, su postumi tosoni e vessilli: "...poi scomparvero anche i nomi, come un'iscrizione che svanisce..."
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