martedì 6 dicembre 2016

qu yuan: da jiu ge (le nove canzoni)


Shan Gui - il fantasma della montagna


Sembra esserci qualcuno nell'anfratto del monte
vestito di glicine, cinto di licheni
gli occhi socchiusi nell'intensità del sorriso
di me il suo desiderio un'appartata bellezza,
conduce leopardi color cinabro, gatti striati lo seguono
il carro è di magnolia, rami di cannella per stendardi.
Sono avvolta di orchidee di roccia, di zenzero selvatico la cintura.
Quel che si pensa profumate piante recise lontano si propaga.
Dimoro nel folto del bambù, mai si vede il cielo,
difficile e perigliosa la strada, solo questo ritarda la venuta.

solitudine d'apparire in piedi sulla montagna
sotto scorrono abbassandosi le nubi.
Oscurità profonda, tenebroso è il giorno,
spira vento dell'est, divina magica pioggia
abbandonato lo spirito una pace obliosa di ritorno.

L'età s'attarda - chi mi infiora?
Cogliere fra i monti l'erba di immortalità,
ammassi di rocce e pullulare di rampicanti

Piangerti, la mente spersa, dimentica di tornare.
Pensarmi, senza pace.
Una persona fra i monti, effluvio di pollia.
Bere da rocciose fonti, l'ombra di pini e cipressi
Pensarmi, in dubbio se agire.
Il sottile vociare delle scimmie.
Rumore di tuono, tenebra di pioggia,
grandi cani latrano la notte.
Il vento risuona, gli alberi oscillano.
Pensarti, allontanarsi è vana tristezza.


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Anche qui, come nel "Principe fra le nubi", è un personaggio femminile a compiere l'evocazione sciamanica, congiunzione ed identificazione con lo spirito al quale si rivolge, nel tendersi ad un atto che risolva le polarità fondamentali (il maschile ed il femminile, yin e yang) nel senso di quell'indistinzione che le precede (è questo un tema che contrassegna sia il taoismo filosofico che la tradizione protosciamanica del sud della Cina, cui Qu Yuan attinge). Fra i soggetti protagonisti dell'evocazione viene a stabilirsi una tale corrispondenza di sentire e di dire da giustificare ampiamente un margine di indeterminazione nei soggetti grammaticali che li identificano. Tranne che per la pollia (pollia japonica, appartenente alle commelinacee) si è preferito (con scelta né vincolane né definitiva) scrivere di pianta dell'immortalità (in luogo di ganoderma lucidum) e di rampicanti (in luogo di pueraria), accordando un netto privilegio all'elemento figurativo simbolico rispetto ad un descrittivismo botanico che avrebbe senz'altro compromesso o sacrificato la potenza ritmica ed evocatrice del verso.

[pubblicato originariamente sulla rivista "fotocopianda" negli anni novanta]





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