mercoledì 12 giugno 2019

5 4 1980


Una o più distanze astrali, un respiro troppo breve, forse un desiderato da sempre chiamiamolo ritardo è ciò che dilata lo spazio fino al dilagare degli azzurri molteplici che si vedono dal balcone della sala da pranzo; qui è la quiete, di quali vuoti ben puoi immaginare, nella cui corte splendida far risonare il coro dei pensieri tinti in purpureo e vermiglio, quali istanze di quell'amore librantesi da orge, ecatombi, sacrifici e consimili cratofanie. In conformità a quanto con poverissimo fraseggiare, di tanto in tanto, cerco di evocare, dandone effigi forse mutevoli e sbiadite, quanto evanescenti, se non altro nell'istante del loro - magari domestico - rogo; fabulae, fabellae, fictiones: come tutto il resto, senza aggiungere d'altronde. Se sia l'inseparabile da me finnegan, la sindrome degli ideogrammi o la folle droga delle anamnesi tutte possibili dopo che si è scelta l'inesistenza, non si sa.
Non si sa se lettera o diario, o romanzo; o registro d'effetti, collezione di referti fossili in cui indiscernibili sono l'illeggibile e l'estasi, l'uno come luogo elettivo e predestinato dell'altro.







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