Se si intende la bellezza in senso metafisico di verità poetica, tutta l'opera e la vita di Gallizio sarebbero la dimostrazione pratica dell'equazione Blakiana: Bellezza = Esuberanza.
Se Pollock scava disperatamente la natura nelle sue forme più primordiali per raggiungere l'essenza vitale, per scoprire le radici cosmiche dell'essere, la loro sede ultima e la loro origine, Gallizio è già iniziato a questa noseologia vitale che si situa al vertice dell'esoterismo.
Tutta l'opera di Gallizio sembra dettata dal principio, tipico delle filosofie irrazionali dell'oriente, di una identità dell'individuo con l'universo da riportare a livello cosciente mediante un decondizionainento totale. E Gallizio ci dà la sua «spiegazione orfica della terra» attraverso una inventiva surreale, paradossale, gigantesca ed elementare, unica.
Un'avventura umana e artistica come quella di Pinot Gallizio non è certamente situabile in un contesto storico; è troppo traboccante di germi eterogenei, troppo esuberante, e soprattutto non è unidirezionale - poiché se di direzione si può parlare si deve dire che l'orientamento operativo di Gallizio è la sintesi vivente ed attualissima della sinuosa discontinuità di quella «spirale della Vita» (un simbolo arcaico che rappresenta il moto perpetuo ed il perenne divenire dell'universo) che compare in molti suoi dipinti con una ben precisa funzione. Per Pinot Gallizio la gestualità dell'informale Cobra non è, come lo può essere per Alechinski, la cristallizzazione ed il bloccaggio di un istante vitale, ma un atto liberatorio che è catapultato sul fruitore nella maniera più semplice che si possa immaginare, abolendo qualunque problematica di fondo (infatti, nessuno può negarlo, le opere di Gallizio sono sempre state estramemente coinvolgenti, basti pensare alla «caverna dell'antimateria»).
Sovente per Gallizio il gesto creativo (e non già più l'atto pittorico) diventa un happening, una liberazione di tutta una totalità interiore; in breve: il gesto di Gallizio abolisce i confini tra il Reale e l'Immaginario, capovolgendo radicalmente il rapporto che comunemente si instaura tra queste due categorie, ammesso e non concesso che si possano stabilire simili categorie senza creare uno sviluppo di pensiero opprimente ed incompleto, monco. Ed una ricerca come quella di Gallizio è sempre all'avanguardia dato il suo carattere sperimentalistico per eccellenza. Per lo speziale Pinot, l'alchimista, il colore diventa la materia cosmica primaria, da cui estrarre la pietra filosofale, l'inchiostro magico con cui tracciare un ideogramma che racchiuda la summa del totale, l'unità e l'integrità dell'essere, la mappa di un percorso interiore - oggi si dice un trip, un viaggio psichedelico, ed infatti la parola psichedelico deriva da termini greci che significano «scoprire l'anima» - quindi, data un'identità dell'animo individuale con l'essenza dell'universo, il trip diventa un'esplorazione del cosmo, al di là del tempo e dello spazio, che non ha altre caratteristiche se non quella di essere immane e ricca di possibilità insospettate. E quindi siamo portati a riconoscere in Gallizio il precursore dell'arte psichedelica, data l'essenza, appunto pschedelica, della sua poetica.
E nella sua chilometrica pittura a rotoli, riconosciamo un apporto notevole alle ricerche op e cinetiche sull'immagine in movimento, che l'artista riesce a creare in modo addirittura casuale, senza sforzo alcuno.
Trovarsi dinnanzi ad una tela di Gallizio, come può essere il «Teorema di Pitagora », è come guardare un cielo ove le nuvole traccino segni criptici e misteriosi che diventano leggibili come per magia e svelino all'osservatore nuove profondità interiori, corrispondenze mai immaginate, è un salto nell'Ignoto; il Teorema di Pitagora è da considerarsi la «Tavola smeraldina» di questo grande alchimista, di questo Ermete Trismegisto del XX secolo. A causa di tutti questi aspetti, sommariamente elencati e non analizzati in profondità per ovvie ragioni di spazio, il nome di Gallizio è indiscutibilmente legato ai nomi ed alle opere di tutti i pionieri dell'Ignoto e dell'Irrazionale di ieri e di oggi, a partire dagli antichi alchimisti con le loro meravigliose utopie per arrivare all'analisi del magico e dell'esoterico di Jung, alla parabola di Klein, alle filosofie visionarie degli ultimi americani (Ginsberg, MacClure, Corso, ecc.).
Scrisse Carlo Gramaglia: «Le tele di Pinot Gallizio sono intere favole: egli era un sognatore ad occhi aperti un inventore di moderne mitologie pittoriche che lavorava chilogrammi di colori vivacissimi, sgargianti, simili a colate di luna incandescenti. Inutile cercare un senso nelle sue esplosive colorazioni, in parte astratte, in parte simbolistiche, ora surrealistiche ora espressionistiche, sempre grondanti di un travolgente entusiasmo pittorico». Ed è vero: attraverso la sua stupenda favola visionaria, Gallizio ha dato a se stesso e a tutto, una ragione di essere viva e profonda, sempre attuale in quanto filosofia esistenziale nella propria elementare non-concettualità e primaria libertà di esistere.
[Presentazione della mostra "Pinot Gallizio", "Saletta Arte Contemporanea", Cuneo, 7-25 ottobre 1972]
Pinot Gallizio, L'ape regina
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