lunedì 26 giugno 2017

Il giorno ventisei di giugno


Guardando come da una terrazza, catturando il freddo fuoco delle stelle fra tenebra e tenebra; tutte le fasi della luna. For an honey's moon. Servitemela per colazione, quella specie di ready made le cui assenze scandiscono singolari solitudini, e per pranzo, e per il the delle cinque, e per cena, e che attraverso lei la notte fatta di universi infiniti ed in movimento mi si addossi tenendomi la sola compagnia  che mi spetti "vivere, i servi lo fananno per noi", ma noi, che non ci siamo nemmeno, che non ci siamo più, queste tracce illusorie, come le scene che vedeva la fiammiferaia nelle fiamme, fra le quali un tipo che faceva degli strani gesti su di un rogo, ma è tutto apparenza, illusione; vi è in questo appuntamento con il ready made paredra, all'insegna dell'orologio di profilo (una locanda senza tempo in una contrada senza tempo) un superamento di quello che in altri 
contesti si offre come destino e fato. Come un sognatore danese allo scrittoio vivo delle diecimila vite del sogno e delle sue forze dirompenti, inesauribili; come colui che a tutto preferiva la compagnia di una pagina spesso vergine, e la verginità della pagina intatta è una pienezza, una pienezza che il segno viola;  il segno, traccia e scrittura, instaura il vuoto. La pagina bianca, vergine, l'intatto foglio d'album, od anche la tela bianca del pittore  sono la pienezza del visibile; esse sono; attraverso la scrittura o chiamala come vuoi, entrano il vuoto, lo spazio, l'assenza, si aprono piste a perdita d'occhio, ed è di ciò che i testi, i libri, i quadri, i portfolio e perfino gli album di fotografie sono ricchi, e di lì il piacere ed il godimento di perdervisi.

Solo il fruscio d'un ventaglio, o quello ancora meno percettibile dello scacciamosche; per viaggare otlre il tempo ed irradiarsi oltre lo spazio, la sferza non è che un cordoncino di seta intrecciata, delicatissima. Non c'è in ciò alcun nuovo ordine, ma un disordine di sempre non l'ordine di qualcuno, ma il disordine di tutto e di tutti. Il corpo una sembianza, immagine dipinta a più dimensioni su di un paravento, il corpo che è uno dei corpi, in questo antichissimo disordine dei corpi, che nessun antiquario ricorda, che niente e nessuno può organizzare senza accrescere i già di per sé numerosi scompensi, per somma fortuna, cani toltechi su terrazze non lontane di qui corrono felici. Occhi stanchi della luce presto faranno sì che le mani preferiscano matite onde lasciare segni sempre più esili, a questa tastiera come di clavicembalo meccanico, al suo rosario di pulsazioni uniformi scisse da discontinue scansioni.

"niente può sostituirti, sia che io ti ami, sia che io non ti ami", con questa enunciazione dell'impagabile suggellare una festa di compleanno non celebrata; altre ne verranno, di compleanno e di non compleanno, e si celebreranno, infinitamente, eternamente.



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