Ora conosco quest'azzurro, mordente, dolce fluido
delle mie vene, capillarmente composto
e l'essere, invenzione continua,
nuovi versi, nuove cantilene,
esplorando lo scatto l'assoluto, lo spirito, l'immaginazione,
fuggenti cervella anfibie compresse fra le tempie del mondo
fenomenica scatola il cranio
Una prassi d'immediate demenze m'insegnò a camminare
svalutando la morte, sola meta l'esistere in una sinfonia prolungata
semplici dinamiche del camminare stare fermo,
stratosferico destino
infrastellari pluridirezionali traiettorie.
E le bizzarre proposte degli idealisti ronzeranno
all'orecchio, mangiando, fumando, respirando la vibrante
energia che li sposta sotto l'arco degli astri
riflettendo il loro unico volto in acque, miraggi desertici,
lontana visione.
Anche con testa di scimmiotto sacro o cinocefalo babbuino,
dispersi in ablativo assoluto, i pastiches, i pastis,
le tette, che non finiscono più, cioè continuano,
gli haiku, l'elusiva monomane declamazione,
il lattiginoso capezzolo del self service,
fresca menta acquatica, gorgheggio,
le lance spezzate, gli hamburger,
intromissione metereologica dell'oggetto in questione
surriscaldato, lontana presenza
con lo squarcio platonico di imagination au pouvoir
nei gialli allucinati di Van Gogh
lo spazio, gioco, avventura del grande nulla panclastico.
matrice d'eros e tanatos
con folle recitativo a trecentomila km al secondo
ruggente gorgo del suo cavo immenso utero;
entra di testa
E. A. Poe fuma un sigaro,
su e giù per l'Essere Reale, mandala sprigionante vapori
oppiacei;
in spazi sfavillanti vive la mia favola:
i colori, il tangibile linguaggio di arabeschi
l'ineffabile vellutata carezza.
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