Miriadi d’ancelle magiche e fulgidi araldi.
Nell’annichilimento
e svuotamento di ogni comunicazione.
Scoperta
di un motivo sigillo grafico cinese ad elva.
Ferite
incurabili e fallimenti che hanno lasciato il segno. lunghe storie di
morte e di dolore, riflussi, i seventies…
g.
sul non avere un interno, ella era convessità e pienezza
(perché)
c’è una storia? Affermativamente.
Tigri
di nebbia e draghi di nubi per fogli e miraggi, questo l’ambiente.
Di
quel che fa d’ogni topologia un artificio, un costrutto di
finzioni. Le artemidi là evocate e descritte non hanno un interno ma
nondimeno è all’interno che tutto si svolge, dentro una guaina, un
pettorale, una nera tunica, cavità remote ed inaccessibili,
impenetrabili per il fatto di esservi già dentro.
Una
seconda spiegazione, non peregrina, suggerisce l’idea di un
manufatto invisibile.
il
testo dunque un fiore qualche volta - nascosto dal gladiolo troppo
grande, in un solo corpo lo scatenarsi di orde leggendarie.
Bagni
penali della multimedialità ed ergastoli della scrittura, quali
passaggi dagli uni agli altri, ci si mettano pure le perniciose
influenze delle mode e le coercizioni del mercato.
Scritto
in un tunnel fiocamente illuminato, più in là scorre la Roya, lampi
su Tenda.
Elementi
di geometria, figure regolari ed irregolari, dal punto alla linea, ai
poligoni ed al cerchio, linee parallele, divergenti, convergenti,
allucinano un conteggio e più ancora un dislocarsi raccontano di una
pittura del tutto invisibile là, fuori scena.
Richiami
talmudici: gigli o rose mutati in fiamme d’inferno al crepuscolo,
all’alba risplendevano nella gloria dei cieli - sette angeli, sette
colori, sette fiori, sette squilli di tromba, sette sigilli, sette
stelle.
Ed
ancora un’altra volta, poiché la bellezza altro non è che il
principio di un tremendo che ancora non riusciamo a sopportare, e se
tanto l’adoriamo è perché essa serenamente disdegna di
distruggerci.
Mansit
odor, posses scire fuisse deam. Mi dica cosa ha combinato. Combinato?
Mi sono unito alle sirene, in fondo alla cisterna dove vive il re dei
nani.
In
varianti che interminabili si succedono il procedere della strofa,
gli abiti leggeri fradici di pioggia, la vita che danzava nelle mille
carezze del desiderio eccetera, l’estate alle porte di che cosa, in
due parole che sono una e sono tutte, passi di ritorno: dal luogo del
delitto ai luoghi del diletto, una scelta fra noie e troie, quale
vecchia figura di decomposizione e raccapriccio che si trasforma
nella fanciulla splendente dalle membra inerti come per un’intensa
passione e dalle bellissime gambe dentro il petalo del loto, fin qui
romance primavera 2003 febbraio 2004.
Strutture
prigioniere di altre strutture, ipostasi falliche e teste a dirne
una.
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