giovedì 20 aprile 2017

sgorbio da sillabario


Invocazione a mnemosine, la memoria, madre di tutte le muse - né donna né dea quanto di stirpe titanica chiamata in soccorso a ricostituire il sillabario degli epigoni, sì qualcosa resta mneme o anamnesi, da un presepe in fiamme o da uno scasso riuscito risultante dagli archivi di tebe, il colloquio dell’anima con sé stessa prosegue e si rinnova, parlando dell’eros è il bello stesso, parlando della città ideale è l’inserto uno dai quaderni dal carcere, e questa è poesia, questo quel che ne resta, qualcuno impiega il termine epigoni in modo abbastanza curioso e ci ricama intorno tutta una teoria sociologica bizzarra e sconclusionata: perché gli epigoni dovrebbero essere inferiori ai progenitori? Nella tragedia greca gli epigoni portano a compimento l’impresa che i sette a tebe non erano riusciti a compiere e questo essere sommo e uno non è soltanto sottratto ad ogni caducità temporale ed alla transitorietà dell’effimero - non è soltanto al di là, ha la sua esistenza in tutto quanto vi è di buono, ciò vale delle lettere morte di ciò che è scritto, tutto il dramma migrato in nomi e numeri, la tragedia tutta dentro la dominazione scandita in un teorema ludico: questo è il titolo che danno alla canzone, altra cosa il nome vero, altra cosa il modo in cui si chiama, altro ancora quel che è, disse il cavaliere bianco, la musica è di mia invenzione





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