sabato 26 novembre 2016

qu yuan: dalle "nove canzoni" (jiu ge)


IL PRINCIPE FRA LE NUBI (yun zhong jun)

Intrisa d'un bagno d'orchidee, detersa di essenze profumate
vestita di floreali colori per simigliarne la vitalità
congiungiti anima fatata che serpeggi e fermati,
fiammeggiante splendore senza limiti
nel palazzo degli dei datori di longevità si consegue la pace
rifulgere di sole e di luna
vesti divine e carro di draghi
ora un planare in cerchio e ruotando manifestarsi
scendi anima fatata e risplendi
nel moto d'allontanarsi turbini di vento fra le nubi
contemplare l'isola del nord e tutto il resto
varcare i quattro mari
come potrebbe esservi stanchezza
pensando a tale sire grandi sospiri
all'estremo dell'affanno una pesante tristezza


Qu Yuan, scomparso nelle acque del fiume Miluo il quinto giorno del quinto mese, 278 a.C. Il corpo non fu mai ritrovato. Nel poema qui tradotto, che fa parte di un ciclo di undici elegie, è ipotizzabile sia un personagio femminile a compiere l'evocazione. Essendo tradurre esercitare comunque la funzione poetica, o quanto meno subuire la nuda fatalità della lettura, ci si augura nella meno irriflessa delle maniere, nonché tradire in due lingue, nel sito impossibile di una terza, multipla, non un altrove quanto piuttosto l'altro da ogni dove, rendere il cinese sciamanico di Qu Yuan (una lingua che eccede ogni misura di classicità) nell'italiano di fine millennio (fu detto: un mestiere inesistente in una lingua inesistente) potrebbe essere uno di quegli obiettivi smisurati che sarebbero e sono per la letteratura premessa di sopravvivenza. Nel fare ritorno alla reciprocità di scrittura e scomparsa, simbolo risponde a simbolo. Qui un'anteprima. Alla prossima.

Traduzione di Riccardo Cavallo


(Testo pubblicato originariamente negli anni novanta sulla rivista "Fotocopianda")



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