mercoledì 15 luglio 2015

ditlinde persefone mendez :l'iperbolico elenco


l’iperbolico elenco segnalava inaspettate reti prodighe di adamantine meraviglie, nel viaggio notturno poche notizie da fonti sommarie, nomi precipitati nell’oblio del furor creativo tra vetri, alambicchi e un fondo lucente in foglia d’oro, nel groviglio di morbi contagiosi e avvelenamenti un cerchio che compare più volte tra risonanti telai e volumi fittamente annotati, tenebrae factae sunt, allontanandosi si ritirò nel campo fluttuante dove un oscuro peso modifica la sostanza dei corpi nel sogno di librarsi da cupe vele e inseguire il moto perpetuo di immortali dipinti, più che linee di forza mobilità di piani e angolazioni tra automi e giardini d’ombre, dalle acrobazie di un organo barocco note maestose o apocalittiche che soffiano sulla brace, i suoni parte dell’universo abbattuto dallo stupore, colore denso e vibrante di sguardi liquidi verso nubi squarciate che lasciavano trasparire l’azzurro delle distanze, la benda sugli occhi da un centro ardente, passanti spaventati da tumultuosi futuri incerti e mescolanze culturali in un luogo non pronto, lo sguardo del condannato a morte da immaginari conquistatori di una spiantata torre eburnea, circola l’aria e si apre lo spazio, nel connubio di frusti tragitti la narrativa perde rilievo, meteore in una dissestata cronologia di esseri divorati da infausti baloccamenti o liquefatti in deliranti gazzarre, assetati di sperimentazioni estreme distribuivano fiabe composte e illustrate di loro mano su incanti rotti e altre mal riuscite metafore, non ti rallegra lo spettacolo dell’altrui rovina, un mattino atterra e non riconosce quella sala invasa da carichi e volti mai visti strepitanti, pietre e malta per qualcosa di grandiosamente inutile tra insegnamenti di santi sociali e ribollenti disquisizioni, un’immobile armata farneticante stremata da filtri, vasi, teste di marmo e scaffali dorati
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nere sagome di corvi fugaci nel punto più fosco del racconto, la fumosità del mondo esterno tra pillole di speranza e visite notturne, comari abbacchiate tra suore e medici o altri esempi di fermezza, lettere che sono ossigeno in un lazzaretto senza anestetici, l’aria pungente una forma di malvagità, parentesi di raccoglimento e gioia o pastiglie di laudano, nella rada campeggiano riflessioni amare e scomode, forzute storie avvincenti, riavutisi dall’emozione si guardarono intorno incuriositi o elettrizzati da tre carte fatali, tarocchi con cinghiale in selva o serpi crestate, donne di malaffare tra fango e canne, l’arrivo di un calesse, una forte detonazione strascico di memorie tenaci e sempre ricorrenti, vous avez oublié, una pila di spartiti tra raso fulvo, rame e soavi note infiacchite da attesi vaneggiamenti, bollettini di guerra annunciano la riconquista di bengasi accompagnata dal commento dio sia lodato, lumi a petrolio sulle finestre, sotto l’aerorimessa il feretro parlò al cuore di tutti, rivivevano la confusione dei preparativi, abulici contribuivano al lavorio o si accasciavano nel cinema all’aperto, ritagli di vite anteriori, cuoio biondo, elleboro, colonne di musici celesti sfioravano il reticolato tra aria e polvere, ruvidi sussulti e una scia rossastra a deporre l’ira, una cockney alticcia sicura d’entrare in una casa da tè tra dipinti sacri e caffettiere napoletane, aria cupa e gruppi armati all’esaltazione della croce, frattanto la reazionaria non si distendeva affatto sconfortata dalle altrui vite del michelaccio, orribile destino tra camere arredate con gusto e fiducia nel futuro, quella sera non erano andati al cinematografo, insolite e magnifiche sensazioni al risveglio, scene d’amore, guerra e violenza, senso di sfinimento, neanche l’ombra di un albero, un campo di aviazione tra sabbia e polvere, maria stuarda era già stata ghigliottinata e la dea triforme attorceva auree reti, parole da sottolineare con rigacce in alloggi di fortuna dove rifiorire o impazzire, ecco le sfere avventar lampi, i più imbestialiti riscontravano aspetti positivi o teorizzavano immobilismi, paesaggio meno pittoresco, i premurosi si prodigano e i ceffi da forca si assiepano ma la voce narrante dice di sentirsi l’animo più leggero se pensa all’ansia che sembrava sciogliersi in dense chiose mentre le vibrazioni dell’euforia sferzano le membra

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